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Il Monferrato è conosciuto in tutto il mondo per la produzione di ottimi vini, protetti dal 1946 dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. L’organizzazione, che conta oltre 240 aziende iscritte, riconosce nove designazioni protette e assicura che la produzione avvenga secondo le modalità prescritte, tutelando in questo modo il valore del vino e garantendo la qualità che il pubblico si aspetta.
Il nome più famoso associato al Monferrato è, senza dubbio, Barbera, il cui nome compare ufficialmente per la prima volta in un documento datato 1512. Questa varietà d’uva divenne rapidamente una parte fondamentale dell’economia del Monferrato e si diffuse rapidamente anche al di fuori di quest’area. Nel 1798 il vino Barebra era ormai una realtà affermata in Piemonte e grazie alla nuova ferrovia verso Genova potè essere per la prima volta essere esportato nel resto del mondo, ottenendo rapidamente apprezzamenti. A testimonianza di questo è interessante sottolineare che oggi oltre il 30% dei vigneti del Piemonte (43.000 ettari in totale) è costituito da uva Barbera. Il riconoscimento ufficiale (con la denominazione Barbera d’Asti DOC prima e Barbera d’Asti DOCG poi) è giunta solo in tempi più recenti, rispettivamente nel 1970 e 2008. Nel 2014 quelle che fino a quell momento costituiva una sottozona del Barbera d’Asti DOCG, ovvero il territorio circostante la cittadina di Nizza Monferrato, ricevette la propria certificazione DOCG indipendente con il nome Nizza DOCG.
L’altro vino DOCG del Monferrato è il Ruchè di Castagnole Monferrato, ottenuto da una delle uve più rare e pregiate d’Italia (Ruchè). Quest’uva fu probabilmente portata in Italia e piantata per la prima volta sai monaci francesi nel medioevo e trovò nel suolo del Monferrato (tipicamente secco) il posto ideale per generare un vino eccellente, anche se in piccolo quantità. Come per il Barbera d’Asti, le certificazioni DOC e DOCG tardarono ad arrivare, rispettivamente nel 1987 e 2010.
Altre uve cultivate nel Monferrato (ma non solo) hanno portato nel corso degli anni alla nascita di vini spesso unici nelle loro caratteristiche. Accanto alle più classiche varietà (Chardonnay, Cabernet…) troviamo Freisa, Bonarda, Nebbiolo, Cortese, Dolcetto, Brachetto, Favorita, Erbaluce, Arneis, Malvasia di Schierano, Moscato Bianco e Grignolino. Queste, a loro volta, permettono di produrre i seguenti vini DOC: Albugnano, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Terre Alfieri, Malvasia di Castenlnuovo Don Bosco, Loazzolo e Grignolino d’Asti.
La storia del Monferrato copre un arco di oltre 4.000 anni, a partire già dal Neolitico. Nell’età del bronzo l’area fu colonizzata da tribù liguri che si insediarono tra il fiume Po e le Alpi Liguri. Queste popolazioni di etnia celtica abitarono (più o meno pacificamente) la regione per oltre un migliaio di anni fin quando la calata di Annibale in Italia trascinò queste popolazioni in guerra contro Roma (218 a.C.). La definitiva sconfitta di Annibale e la distruzione di Cartagine permise a Roma di espandere la sua influenza sull’intera penisola italica, Monferrato incluso. Proprio sotto la dominazione romana queste terre, coperte di fitti boschi, furono deforestate per permettere la costruzione di fattorie e allevamenti.
Sotto Augusto l’area fu divisa in due e il fiume Po fu usato come barriera naturale: a sud del fiume fu istituita la Regio IX Liguria mentre a nord la Regio XI Transpadania e questa divisione rimase in vigore senza sostanziali cambiamenti fino alla fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.). Le guerre che seguirono la caduta di Roma esposero la regione alle incursioni di varie popolazioni barbariche e non: dapprima gli Ostrogoti che riuscirono a costruirsi un proprio regno in italia per un cinquantennio; poi i Bizantini e i Longobardi che si contesero la penisola per lunghi anni. Solo con la venuta di Carlo Magno (773 d.C.) le terre piemontesi furono riunite in una “provincia” sotto il diretto controllo dell’Imperatore dei Franchi.
A metà del X secolo, buona parte dell’Italia settentrionale era sotto il controllo di Berengario II (Margravio di Ivres). Questi decise di dividere il Piemonte in quattro sub-regioni, ognuna affidata a una potente famiglia locale: Ansarici (Ivrea), Obertenghi (Tortonese), Aleramici (Monferrato e Vercelli) e Arduinici (Torino).
Fu proprio nel medioevo che nacque il nome Monferrato: nessun documento antecedente questo periodo menziona mani queste terre con un nome specifico. La leggenda vule che ad Aleramo (primo membro e fondatore della dinastia Aleramici) fosse stato promesso del signore locale un feudo delle dimensioni del pezzo di terra che fosse riuscito a circondare cavalcando in tre giorni. Aleramo riuscì a ferrare (frrha in dialetto locale) il proprio cavallo con un mattone (mun) e la terra che si conquistò prese quindi il nome di Munfrrha, ovvero Monferrato. Si tratta ovviamente di una leggenda e l’origine del nome Monferrato rimane ancora oggi argomento di speculazione. Due ipotesi in particolare meritano però menzione. La prima risale al 1493 a opera di Galeotto del Carretto: lo scrittore collegato il toponimo monferrato con il nome Aysembergo (un toponimo diffuso in Germania, cfr. Eisenberg) che significa letteralmente monte di ferro, da cui Monferrato. La seconda, ben più plausibile e sostenuta da prove più concrete, è opera del prof. Olimpio Musso. Lo storico ha notato un piccolo villaggio nei pressi di Grenoble chiamato Montferrat, un tempo cuore di una contea appartenuta a Guglielmo, padre di Aleramo. È possibile che i figli di Guglielmo, una volta spostatisi in Italia, abbiano ricevuto in dono un feudo che decisero di battezzare come il loro paese natale. Queste teoria trova parziale riscontro nel nome che i cittadini francesi si sono attribuiti (Monfrinos) e che richiama il piemontese monfrin (con cui si identifica il dialetto parlato nell’area).
Quale che sia l’origine del nome, gli Aleramici divennero una delle più importanti famiglie del nord Italia. Seguirono Federico Barbarossa nella sua guerra contro Milano e nella successiva sconfitta contro la Lega Lombarda; Guglielmo V prese parte alla Seconda e Terza Crociata e il figlio Guglielmo Spadalunga sposò la regina di Gerusalemme Sibilla da cui ebbe un figlio, Baldovino V, che fu anche re di Gerusalemme (solo per pochi anni, a causa della morte prematura a 9 anni). In patria, matrimoni con importanti famiglie europee (tra cui i potentissimi Paleologi di Bisanzio) permisero al Margraviato di espandere la sua influenza nel continente e di espandere i suoi territori, inglobando la città indipendente di Casale che divenne così “capitale” del Monferrato.
Il declino del Margraviato cominciò nel XVI secolo quando il trattato di Cateau-Cambrésis assegnò il Monferrato ai Gonzaga di Mantova. Il XVII fu il periodo peggiore per la regione a causa delle numerose armate in transito per le tante guerre: la regione venne saccheggiata e devastata nel contesto delle feroci guerre tra Francia e Spagna e una tremenda epidemia di peste decimò la popolazione negli anni Trenta del Seicento (la stessa drammatica epidemia dipinta dal Manzoni ne I Promessi Sposi).
Nel 1713, il Ducato del Monferrato fu ceduto al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II e perse definitivamente la sua indipendenza. La pace di Utrecht dello stesso anno sancì la nascita del Regno di Sardegna e Piemonte sotto il controllo della famiglia Savoia. Quando Napoleone entrò in Italia, la parte continentale del regno divenne provincia dell’Impero Francese, mentre i Savoia si ritirarono nella loro Sardegna, impossibilitati a tornare fino alla Restaurazione del 1815.
Nel 1848, a seguito della disastrosa sconfitta nella battaglia di Novara, le truppe piemontesi si ritirarono lasciando il Monferrato sguarnito contro l’esercito austriaco. Gli abitanti di Casale Monferrato riuscirono a respingere gli aggressori sotto la guida di Carlo Vittorio Morozzo. Durante il Risorgimento e subito dopo, il Monferrato continuò a contribuire alla causa italiana con tre importanti personalità: Giovanni Lanza (che fu tra i più arditi sostenitori dell’attacco contro Roma del 1870), Filippo Mellana e Paolo Onorato Vigliani, questi ultimi entrambi senatori del Regno d’Italia.
La Prima guerra mondiale fu un altro momento drammatico per il Monferrato, che vide la sua popolazione decimata dalle chiamate al fronte e la sua economia distrutta a causa della mancanza di manodopera (un’intera generazione fu praticamente distrutta dalla “guerra che avrebbe concluso tutte le guerre”). Fu solo nel 1932, con la struzione dell’Acquedotto del Monferrato che l’economia riprese vigore. La mancanza d’acqua era infatti sempre stata un problema per il Monferrato ma allo stesso tempo, secondo Ugo Cavallero, anche una benedizione per la produzione degli ottimi vini del Monferrato. Parlando con Mussolini, Cavallero affermò: “la gente di queste zone produce ottimo vino perché non c’è acqua”.
Dopo la Seconda guerra mondiale, con il Boom Economico, il Monferrato tornò alla sua gloria passata con uno sviluppo industriale incredibile che coinvolse la produzione di cemento e l’industria metalmeccanica.
Nel 2003, il Sacro Monte di Crea, assieme ad altri monti sacri tra Piemonte e Lombardia, è stato incluso nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.
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